CASTEL BILICI (PA)

Questa segnalazione ci è pervenuta dal nostro collaboratore siciliano Alberto Scuderi. Egli, in visita con il prof. Maurici al magnifico sito di Castel Bilici, ha effettuato una interessante scoperta che adesso andremo a sintetizzare.

iL MAGNIFICO SCENARIO DI CASTEL BILICI

 

L'ex feudo di Castel Bilici è noto soprattutto come meta di pellegrinaggio: vi si adora infatti un crocifisso del XVII secolo "U Signuri di Bilici"), realizzato da frate Innocenzo di Petralia; il manufatto è conservato in una chiesetta costruita nel 1841 per accoglierlo degnamente, essendo ritenuto miracoloso (ne sono testimonianza i numerosi ex-voto presenti nella chiesa stessa). Vi è tutta una storia che contorna la nascita del culto, che ha il suo epicentro nella cosiddetta "grotta del pastorello" o "grotta del miracolo". Il protagonista- secondo una leggenda- fu proprio il frate Innocenzo di Petralia, il cui vero nome era Giovanni Giuseppe Calabrese, noto come Vanni Calabrisi, che era in origine un pastorello. Volendo fare un crocifisso, trasse dall'acqua del fiume un pezzo di legno e si mise a lavorarlo nella grotta ma in nessun modo riuscì a realizzare il volto. Stanco, si addormentò ma al risveglio scoprì che l'uomo del crocifisso aveva un volto bellissimo, scolpito in maniera prodigiosa. Il Crocifisso venne donato alla duchessa Maria Ferrandina Alvarez e portato a Castel Bilici il 3 maggio 1638 (giorno di Santa Croce, e data in cui ancora oggi si svolgono solennio celebrazioni e festeggiamenti). Fu posto nella cappella baronale della masseria del feudo. Il manufatto avrebbe mostrato proprietà taumaturgiche e ancora oggi i devoti arrivano da ogni parte della regione e nell'ultima parte del percorso camminano scalzi in segno di venerazione e rispetto.

LA SCALINATA CHE CONDUCE ALL'ATTUALE VENERATISSIMO SANTUARIO

 

Ai fini della nostra ricerca interessa però puntare l'attenzione su un vasto ambiente restrostante la chiesa, un ampio locale che quasi nessuno conosce anche perchè è in proprietà privata e non viene aperto al pubblico. Grazie al dr. arch. Carmelo Montagna (Istituto Euro Mediterraneo di Scienze e Tecnologia- IEMEST), che già aveva potuto entrarvi, Alberto Scuderi e Ferdinando Maurici hanno potuto accedervi e documentare la presenza di un incalcolabile numero di graffiti e incisioni, iscrizioni, date, sigle, iniziali, simboli che sono stati lasciati nel corso di più secoli sull'intonaco  del salone ad archi. Essendo ancora inediti e mai pubblicati, dovranno essere mappati e catalogati al fine di farne una prima classificazione per genere (si va da segni profani a simboli sacri), ma tra i moltissimi presenti, Alberto ha individuato una Triplice Cinta la quale, come mostra la foto di apertura, è stata tracciata senza rispettare una geometria precisa, nè una proporzione armonica. Si può dedurre che chi l'ha eseguita volesse lasciare quel segno a scopo simbolico, senza curarne i dettagli. Il qadrato più interno ha assunto una forma bizzarra, probabilmente perchè lo strumento a punta fine usato dall'anomimo incisore è scivolato, spostandosi dal disegno. Inoltre, il quadrato intermedio ha lati diseguali, con "interferenze" di segmenti che fanno pensare ad un "aggiustamento" in corso d'opera o a rielaborazioni successive. I segmenti mediani si incrociano al centro, come quelli diagonali e la superficie dello schema è costellata da scalfitture lasciate con strumento a punta, ma non sappiamo se intenzionalmente o meno. Ciò che appare esclusa è la funzione ludica.

IL GRANDE AMBIENTE AD ARCHI DOVE SI TROVANO MIGLIAIA DI INCISIONI E GRAFFITI SULLE PARETI

 

Davanti a casi simili ci si domanda il perchè lasciare una Triplice Cinta (o perlomeno la sua innegabile morfologia) su una parete in verticale e dal momento che recentemente abbiamo stilato una classificazione di appartenenza di questi schemi (quando vi è l'evidenza che non siano giochi), potremmo tentare di includerla nel Gruppo 2, ovvero quello "professionale" in cui inseriamo sia i segni caratterizzanti una specifica professione come quella dei notai ("Signum tabellionis") - e non è questo il caso- ma anche ipotizzabili segni di maestranze edilizie, nonchè di pellegrini, come potrebbe essere in questo nostro caso in esame. Chi ha lasciato questo schema, ne conosceva il significato e vi si identificava, probabilmente. Il problema è che risalire al reale intento sarà impresa pressochè impossibile, come trovare una datazione certa e la mano esecutrice!

Sulle pareti si trovano anche molti calici eucaristici, stelle, pentacoli, e figure antropomorfe tra cui un cammello e un cervo. Alcune date rimandano molto indietro nel tempo: la più vecchia è del XIV secolo e un paio di nomi incisi sono arabi (Moamed, Moamod). La maggior concentrazione è però ascrivibile tra XVI e XVII secolo. C'è ancora molto lavoro da fare e auguriamo ai nostri amici di poter trovare confortanti novità dalle ricerche che potranno essere attuate.

INDICAZIONE DI ALCUNI DEGLI INNUMEREVOLI "SEGNI DI PRESENZA" LASCIATI SULLE  PARETI

 

Castel Bilici è attesato dalla seconda metà del XIII secolo; riferimenti storici riportano alle date del 1271, 1322, 1354, 1392. attualmente è ricompreso nel Distretto Turistico delle Miniere. Il complesso architettonico si può considerare una grande masseria fortificata, collocata in posizione strategica all'incrocio di quelle che all'epoca erano importantissime strade di collegamento con Palermo.  Nel XVII secolo vi si è impiantato il culto al SS. Crocifisso; un primo santuario, seicentesco, venne sostituito da quello ottocentesco, che è stato restaurato dopo un periodo di incuria.

A cosa e a chi serviva il grande ambiente dove si trovano i graffiti? Ai pellegrini? Se le date sono anche più antiche della nascita del culto e del pellegrinaggio, devono essere state lasciate da più tipologie di persone, forse soldati o prigionieri? Tuttavia, anche prima che si sviluppasse la devozione al SS. Crocifisso, non è escluso che viandanti e pellegrini potessero percorrere queste direttrici in epoche medievali, diretti ad altri luoghi di culto. Forse la masseria si usava come luogo di sosta? Magari per un certo tipo di viaggiatori, non per tutti. Chissà. E' ancora un mistero.

Il territorio in cui è ubicato Castel Bilici è quello di Petralia Sottana (Diocesi di Cefalù, PA) ma il responsabile del Santuario è il parroco di Marianopoli (Diocesi di Caltanissetta)

VESTIGIA DEL CASTELLO FEUDALE

  • Segnalazione e fotografie: Alberto Scuderi (che ringraziamo, unitamente al prof. Ferdinando Maurici e al dr. Carmelo Montagna) in data 8/10/2017
  • Scheda inserita da M. Uberti il 23/10/2017
  • Nel settembre 2020 ci è stata segnalata da M. Bonaviri un'altra TC graffita in verticale (v. scheda)
webmaster Marisa Uberti