VILLAMAGNA (Anagni, FR)

Un petroglifo che sembra proprio una consunta Triplice Cinta è visibile su un blocco lapideo presente nell’area archeologica romana del casale di Villamagna nella valle del Sacco nel territorio di Anagni (FR), in Ciociaria.

Ancora oggi visibili sono visibili i resti di una villa romana e del monastero benedettino medievale di San Pietro.

                  

                                                Ruderi del monastero benedettino

 

Sulla facciata diruta della chiesa abbaziale, nel 2006, Giancarlo Pavat ha identificato alcune simbologie, tra cui spirali e il “Nodo dell’Apocalisse”:

 

                 

 

Il sito di Villamagna ha restituito nel corso del tempo numerosi reperti, come  marmi, vasellame e oggetti vari. Lo storico anagnino Raffaele Ambrosi De Magistris (1831-1900) scrisse che “perfino un archeologo dilettante o un viaggiatore poco esperto nella storia dell’arte può riconoscere in alcune chiese e case private, da Valmontone a Ceprano, oggetti antichi provenienti da quel luogo”. Lui stesso affermò d’aver riconosciuto nelle decorazioni della chiesa dell’abbazia cistercense di Fossanova (LT), alcuni marmi provenienti dal sito di Villamagna.

Secondo alcuni eruditi del XVIII e XIX secolo la sontuosa “villa rustica” che sorgeva nel sito di Villamagna andrebbe attribuito a Pompeo Magno (106-48 a.C.). In questo modo si spiegherebbe l’etimo “Villa Magna”, che deriverebbe da "Villa Magni". Ma in realtà, a tale proposito non si ha alcuna prova concreta né rispondenza archeologica.

            

                                      Il sito archeologico di Villamagna

 

In realtà le prime notizie che si hanno sulla villa romana risalgono al 145 d.C., e sono quelle che la vedono come un possedimento dell’imperatore Marco Aurelio (121-180 d.C.). Infatti l’”Imperatore filosofo” la descrisse nelle sue “Lettere a Frontone” (100-166 d.C.). Dove raccontò al  suo precettore, Frontone appunto, le giornate trascorse nella villa e nella campagna circostante, impegnato a compiere "fortia facinora" (forti imprese) in lunghe battute di caccia ai cinghiali, alternate a momenti di tranquillità dedicati alla lettura di Catone che di tanto in tanto erano distolte dalle grida giulive dei vendemmiatori. Marco Aurelio scriveva ““Salito che fui in cocchio, dopo averti salutato, non facemmo viaggio troppo incomodo, bensì ci bagnò alcun poco la pioggia. Ma prima di giungere in villa, divergemmo ad Anagni quasi ad un miglio dalla via. Quindi visitammo quest’antica città, piccoletta invero, ma piena di molte cose antiche e di sacri edifizi e religiosi riti. Non v’era angolo che non avesse un santuario, una cappella, un tempio. V’erano anche molti libri di lino tra tante cose sacre. Quindi all’uscir della porta vi vedemmo scritto d’ambedue le facce:“Sacerdote imponiti il samento”. Domandai a taluno di quella gente cosa significasse, mi disse che in lingua ernica significava un piccolo brano della pelle della vittima solito porsi in capo del sacerdote nell’entrare in città””.

            

                       Il casale di Villamagna dove si trova il sito archeologico

 

Nel 1882, nel pavimento della Cattedrale di Anagni, fu rinvenuta un’epigrafe che recitava “…quae ducit in Villam Magnam…” (CIL X,590.), databile al 207 d.C.. Attualmente conservata nel criptoportico retrostante l’abside della cattedrale anagnina. L’imperatore Settimio Severo (146-211 d.C.) e i suoi figli Geta (189-211 d.C.) e Caracalla (188-217) fecero lastricare a loro spese la strada che da Anagni conduceva a Villamagna

 

Crediti: segnalazione e foto Giancarlo Pavat (aprile 2014)

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