
Report dell'incontro escursionistico con l'Associazione "Vivere la Montagna": sulle tracce di Triplici Cinte ticinesi e molto altro

La comune passione per la ricerca di incisioni su roccia e pietra ha - da qualche anno - messo in contatto il nostro CSTC, nella persona della scrivente, con Luca Bettosini[1], direttore della rivista "Vivere la montagna" e della omonima associazione avente sede a Rivera in Canton Ticino, Svizzera. Il nostro Centro Studi si occupa delle “tavole-mulino” ludiche e simboliche a 360°, come i nostri lettori sanno, mentre l'attività di esplorazione sistematica dei massi rupestri da parte del Bettosini ha incidentalmente toccato l' "universo" Triplice Cinta, trovandosi quest'ultima con una certa frequenza incisa sui massi stessi.
Al momento in cui si scrive sono 34 gli esemplari documentati nel ticinese da Bettosini (foto a sinistra): alcuni di essi provengono da segnalazioni risalenti all'attività di Franco Binda (1925-2019)[2] tra gli anni ’80 e ’90 del secolo scorso. Binda, in collaborazione con il professor Urs Schwegler, ha contribuito all’individuazione e valorizzazione del patrimonio incisorio dei massi ticinesi (e non solo); quel lavoro ha dato vita alla loro schedatura, successivamente incorporata nell'Inventario svizzero delle incisioni rupestri.[3] Quando Bettosini ha iniziato l’attività di ricognizione dei massi (2022) insieme al suo amico Ely Riva[4], si è potuto rendere conto che la lista compilata da Binda andava doverosamente aggiornata con la scoperta di nuovi massi, il miglioramento delle coordinate della loro posizione (grazie ai più moderni software di rilevamento geosatellitare) ed elevando qualitativamente e quantitativamente gli apparati iconografici. Luca ha, in parecchi casi, ripulito i massi che nel frattempo erano stati nuovamente dimenticati; ne ha misurato l’effettiva dimensione, mettendo in luce quelle porzioni che erano sfuggite alla seppure eccellente attenzione di Binda, scoprendo anche incisioni inedite su massi già indagati. Bettosini, al pari di Binda, intende togliere dal dimenticatoio il patrimonio alpino ticinese e farlo conoscere anzitutto ai residenti e poi ai visitatori; i suoi sopralluoghi sono spesso faticosi e in alta quota, dove arrivare non è agevole ma per questo motivo più gratificante. Il suo lavoro di catalogazione è encomiabile. Il Ticino possiede un territorio costituito per l’80 % di montagne ma brulica di acque, ruscelli, laghi, grotte, ghiacciai, massi coppellari e monumenti che coprono millenni di storia: dalle stele pre-romane in alfabeto leponzio ai sistemi fortificati viscontei, dalle chiese romaniche dei maestri ticinesi, passando per antiche contrade, giardini e ville nobiliari.
Dicevamo all’inizio che la passione fa incontrare le persone ed effettivamente è stato così: tramite il social-media Facebook l’associazione di Luca Bettosini è venuta in contatto con il nostro CSTC e ne è nata, gradualmente, una stima reciproca che ha portato all’incontro del 21 giugno 2025. Il rispetto per il lavoro svolto da entrambe le parti ha portato ad interessarci alle scoperte di Luca che, dal canto suo, ha iniziato a segnalarci le Triplici Cinte che di volta in volta trovava. Di alcune possedevamo soltanto disegni e pochi dettagli nel nostro database, altre ci erano del tutto ignote. Pertanto il connubbio venutosi a creare è molto importante. Nel nostro censimento cerchiamo di ospitare esemplari da tutto il mondo; la sezione Svizzera esiste fin dalla fondazione del CSTC stesso e grazie a Luca il numero di esemplari si sta incrementando; questo spinge a ritenere, data la collocazione orizzontale e la dimensione adeguata, che il “gioco del filetto o del mulino” fosse diffuso nel territorio e probabilmente soprattutto tra i pastori. Tuttavia c’è sempre l’eccezione e alcuni tra gli schemi documentati potrebbe non avere avuto una funzione ludica. Nel disegno a lato (opera di L. Bettosini) sono indicati con il pallino rosso i 34 luoghi in cui sono state documentate tavole-mulino ticinesi (mappa aggiornata al giugno 2025)
L’incontro con Luca Bettosini e la ricercatrice Francesca Reichlin[5] è avvenuta presso la sede dell’associazione “Vivere la montagna”, nel comune di Rivera, una frazione del comune di Monteceneri situata presso il valico di Monteceneri (554 m) che divide letteralmente in due il Canton Ticino (Sopraceneri e Sottoceneri). L’occasione ha portato allo scambio di materiale documentativo e ad alcuni sopralluoghi che Luca ha scelto in base al tempo a disposizione e alla nostra preparazione “atletica”.
Come già accennato, infatti, i massi si trovano a diverse altitudini e spesso raggiungerli richiede un alto livello escursionistico e ore di cammino. Grazie ai nostri due accoglienti amici (possiamo ben chiamarli così, dopo averli conosciuti!), ci siamo portati in macchina verso Canedo (Medeglia), altra frazione del comune di Monteceneri. Parcheggiata l’auto nei pressi di un Oratorio recante la data 1896[6], foto a sinistra, abbiamo imboccato un percorso in salita abbastanza ripido con tratti di scalinate e qualche resto di mulattiera lastricata.
Bellissimo contesto, tra la frescura dei boschi di castagni e le assolate baite di pietra coi tetti fatti con le piode[7] (molto familiari perché comuni nella nostra Valle Imagna bergamasca!). Canedo è una piccola località situata sopra Medeglia a 840 m s.l.m., un posto in cui il tempo sembra essersi fermato e in particolare quando arriviamo al cospetto del grande masso posto davanti a un casolare rurale proviamo una forte emozione. Era stato segnalato al nostro CSTC nel 2018 dal signor Pannettier, che ci rimandava alla scheda del 1985 del già citato Ssdi, peraltro aggiornata recentemente da Bettosini[8]. Nella scheda è così descritto: “Blocco di gneiss biotitico a grana fine, 310 x 160 x 150 cm. Sulla pietra, che si erge come un altare tra le capanne in pietra sopra Canedo, sono incisi con la tecnica del piccone un gioco di Morris a nove (uomini), una croce latina, un cruciforme e una croce asimmetrica incompleta, oltre all'iscrizione "CALABRESI PIETRO C.R." Sono visibili due fori di recente perforazione”. Ricordiamo che nei paesi anglosassoni lo schema del gioco è noto come Nine Men’s Morris (perché si usano nove pedine a testa). Trovarsi al cospetto del masso, però, è tutt’altra cosa che vederlo su una foto. Si ha l’impressione di srotolare la bobina del tempo e immaginare che in un’epoca imprecisata fosse una sorta di altare, forse un “sasso del predicatore”? Il paesaggio di sfondo è mozzafiato. Nel collage di foto: il sentiero nel bosco e l’arrivo allo spettacolare masso.
Secondo la scrivente non sono più antiche di qualche secolo le incisioni sparse sulla superficie, che sembra idealmente divisa in due zone: quella orientale mostra un nome in caratteri maiuscoli, CALABRESI.PIETRO, con due iniziali sottostanti C.R. Dalla parte opposta si trovano cruciformi e una bellissima Triplice Cinta.
Cruciformi scolpiti sul bordo del macigno: secondo chi scrive, si dovrebbero guardare proprio da questa posizione, in cui sembra poter ravvisare un terzetto di croci oppure siamo in presenza di un simbolo diversamente interpretabile. Leggermente più distanziata è scolpita un'altra croce, forse segno confinario? Questa croce è prossima alla TC e sebbene non si possa correlare con certezza con essa, questo masso è stato sacralizzato
Analizzando lo schema della TC abbiamo osservato la profondità dei suoi solchi che denotano l’impiego di strumenti come mazza e scalpello; essa infatti non è semplicemente incisa ma scolpita ed è nel modello classico, con i soli segmenti mediani. Gli angoli sono arrotondati in tutti e tre i quadrati; un segmento (forse una linea di frattura superficiale) attraversa lo schema (seguendo la direzione maggiore del masso), dando l’impressione che i due segmenti mediani fuoriescano dai loro lati, come si vede dalla foto. Stupisce che, avendo molta superficie a disposizione, la tavola-mulino si sia realizzata marginalmente ma questa posizione offre il vantaggio, per due giocatori, di stare in piedi riuscendo agevolmente a disputare le partite, potendosi anche appoggiare al monolite. Volendo, i bambini potevano salire sul masso e giocare da seduti, uno di fronte all’altro. La posizione orizzontale, le dimensioni adeguate dell’esemplare, la tecnica fatta per durare, sono elementi che deporrebbero per un uso ludico, considerato pure l’isolamento e la mancanza di altri divertimenti o diversivi.
In special modo il gioco era diffuso nelle comunità rurali e tra i pastori durante la transumanza. Naturalmente sono possibili speculazioni in senso simbolico: già sembra di sentire i bisbiglii di coloro che, ritenendolo “sicuramente” un altare, stanno pensando che la TC abbia avuto un ruolo in eventuali rituali o cerimonie che vi si svolgevano. Chi scrive ha dedicato diverse pubblicazioni sui significati alternativi al gioco e sul valore simbolico della TC [9]. Tutto può essere ma è da provare. Per questo è importante acquisire il maggior numero di dati possibile. Non sappiamo chi abitasse nel casolare dirimpettaio del macigno (forse quel Calabresi Pietro che ha eternato se stesso su questa pietra?), ma certamente qualcuno lo manutiene perché le finestre hanno serramenti e vetri nuovi. Se qualche gentile lettore avesse informazioni utili a capire meglio il contesto specifico, nonché a datare questa TC (a volte gli anziani del luogo sono preziosi testimoni),e a definirne l'uso, si faccia avanti. Nel collage di foto: il contesto naturalistico e la collocazione nel masso tra un pugno di edifici rurali.
Proseguiamo, lasciando al grosso masso i suoi segreti. La nostra meta successiva è stata il “mitico” Sass Duralto sulla strada per l'Alpe Troggiana. Da Canedo le nostre due esperte guide ci hanno fatto transitare su un sentiero che si mantiene boschivo; il dislivello dal masso precedente è di 150 m, infatti qui ci troviamo ad un’altitudine di 1000 m s.l.m. Usiamo il termine “mitico” perché conosciamo indirettamente questa roccia da diversi anni e l’ abbiamo inserita anche nel nostro ultimo libro, tra gli esemplari con elementi simbolici centrali. Non speravamo di vederla dal vivo, un giorno! Invece è accaduto grazie ai nostri amici ticinesi. L’affioramento è lungo 7 m e largo 1,2 m; è cosparso di incisioni e coppelle, per l'esattezza 22, con diametri che vanno da 10 a 22 cm e 1 - 2 cm di profondità; 18 coppelle erano già state pubblicate nel 1928. Pur trovandosi sul margine sinistro del sentiero che porta al Monte Troggiano (1088 m) e alla Cima di Medeglia, questa roccia può passare inosservata sia perché contornata da vegetazione attiva sia perché non emerge molto dal piano di calpestio. Se non ci si avvicina, probabilmente i più non noterebbero le incisioni.
Attività di analisi delle incisioni sul masso, in particolare sulle Triplici Cinte da parte della scrivente
L'affioramento si trova su terreno di proprietà privata ma è tranquillamente visitabile.Sono leggibili due date (1823 e, con maggiore difficoltà, 1626), si vedono due croci e lettere, nonché alcuni segni indecifrabili. Le Triplici Cinte sono due, collocate in punti diversi dell'affioramento roccioso: in particolare una di esse presenta una figura centrale enigmatica (Antropomorfa? Alberiforme? Candelabro?). La seconda TC, rettangolare, l’ha individuata Luca Bettosini ripulendo la roccia dal terriccio. Abbiamo bagnato lo schema “simbolico” della TC con acqua per poter visualizzare i dettagli; il soleggiamento intenso impediva infatti una adeguata ispezione. L’esecuzione dell’esemplare non è lontanamente equiparabile a quella del masso visto precedentemente; qui siamo di fronte ad un esemplare sostanzialmente poco accurato nella tecnica; probabilmente eseguito a mano libera con semplici strumenti. Fa pensare ad un uso saltuario, a una esecuzione che potesse soddisfare in modo estemporaneo, propria di chi è di passaggio e non stanziale (abitante o frequentatore abituale). Il modello è classico (con i soli segmenti mediani) ma con un elemento centrale che la renderebbe più unica che rara ma bisogna domandarsi se è contestuale. (chi può asserire se contestuale allo schema o eseguito in un altro momento?).
I quadrati hanno angoli spigolosi e si nota un grosso foro o coppella che invade e compromette il lato del primo e secondo quadrato, nonché il segmento mediano (ostacolando, di fatto, il percorso delle pedine e gli incroci). E’ stato fatto in un secondo momento e, se si, perché?
Sass Duralto: L'elemento centrale della TC elaborato con filtro negativo per metterne in evidenza i contorni (il "senso" della lettura è ancora ignoto). E' stato anche rilevato che la coppella già citata è forse in connessione con un elemento a S posto superiormente ad essa, come ben visibile nell'immagine seguente
(elaborazione di Luca Bettosini)
In genere la presenza di fori – ma esterni allo schema oppure al centro dello stesso – serviva per riporre le pedine da gioco (di qualsiasi natura) o le pedine mangiate (abbiamo diverse testimonianze in tal senso). In questo caso non siamo in presenza di una tale circostanza e – nonostante la posizione orizzontale e le dimensioni adeguate della TC – potrebbe non avere avuto funzione ludica, proprio per tutto quanto appena rilevato. Si è notato che l’acqua nella coppella si distribuisce lungo i “canalini” (solchi) in maniera diversa a seconda della quantità versata e parrebbe seguire un percorso fin verso il bordo della roccia per poi ricadere all’esterno; ciò potrebbe rivestire un significato specifico (ancor più se si fosse usato un altro liquido). In generale abbiamo notato che la grande quantità di coppelle su questa roccia, doveva creare dei percorsi (casuali o intenzionali?) in caso di versamento di liquidi o anche pioggia.
L’acqua, di per sé riflettente, all’interno delle coppelle assume una “magia” speciale se trattenuta su un masso considerato speciale. Possiamo soltanto immaginare l’effetto dei raggi del sole ma, soprattutto, degli astri notturni. Ma chi poteva goderne? Abbiamo eseguito anche una sommaria rilevazione dell’orientamento astronomico della TC, considerando la presenza della coppella: quel lato è rivolto verso levante, verso il sorgere del sole all’orizzonte astronomico locale. Sono speculazioni, sia chiaro, ma l’esemplare bagnato è davvero interessante e affascinante. Va detto, per correttezza di informazione, che su questo sentiero sono passati – tra gli altri – molti soldati durante la Seconda Guerra Mondiale (e sappiamo come la TC sia spesso associata alla loro presenza). Il grado di consunzione non è indice di antichità, specie se l’incisione è sottoposta alle intemperie. Di certo è che qualcuno ha lasciato due date sulla roccia: 1626 e 1823, che insistono sulla stessa porzione in cui risulta più concentrata l'attività incisoria. Mentre la TC è situata più distalmente.
L’altra TC è posta su una porzione più marginale dell’affioramento roccioso; come già accennato è rettangolare e considerata incompleta per la mancanza di segmenti mediani, tuttavia nella nostra esperienza abbiamo censito schemi simili e potrebbero non essere incompleti ma fatti proprio in questo modo, per scopi forse non ludici ma che è impossibile interpretare con certezza. Non ci sbilanceremo mai, in assenza di dati, fornendo presunte epoche di esecuzione o significati. Potrebbe sempre arrivare l’autore (!) che ci dice che quand’era ragazzo l’ha fatta lui per ingannare il tempo giocando con un compagno/a mentre pascolava le pecore o si riposava durante le lunghe camminate verso la Cima di Medeglia…
E’ stato molto stimolante effettuare questi sopralluoghi in compagnia di Luca e Francesca, che sono persone concrete ma al contempo mentalmente aperte e culturalmente molto attive. Mentre ridiscendevamo lungo il sentiero, pensavamo a quanta memoria è scritta sui massi seminascosti nella vegetazione e a diverse quote, come le loro indagini hanno ribadito. Quante persone hanno lasciato il segno del loro passaggio, l’intenzione, il Pensiero, quanti hanno fermato un attimo nel tempo, espresso un concetto, un credo, rappresentato qualcosa di caro … E quanti massi hanno assunto, nell'immaginario collettivo, origini leggendarie perchè sconosciute o ritenute inspiegabili; di volta in volta sono stati associati al diavolo, alle streghe, ai giganti, ecc. Altre volte il toponimo dialettale si riferisce alle caratteristiche del masso stesso, alla località in cui si trova e/o al podere. Sono tutti elementi interessanti che contribuiscono a mantenere attiva la memoria del tessuto culturale rupestre locale. Pochi, tra gli autori delle incisioni, si sono firmati; molti sono rimasti anonimi ma tutti continuano a rivivere nella pietra che hanno segnato e che noi oggi rivitalizziamo, dandole valore.
Il gruppetto si è poi diretto verso la “Stele di Mezzovico”. Questo comune è situato lungo l’antica val Carvina (l’attuale alta valle del Vedeggio, che comprende i comuni di Monteceneri, Mezzovico-Vira e Isone). Si tratta di uno straordinario monolite di circa 2.500 anni, alto 2,75 m, largo 27 cm e con uno spessore di circa 5 cm. La particolarità è la presenza di una frase scritta sui lati lunghi, lungo i bordi. L’alfabeto è riconosciuto come leponzio (o scrittura di Lugano), una variante nord-etrusca utilizzata dalle popolazioni locali pre-romane (Celti/Leponzi) e su un lato recita: kuašoni pala terialui, che viene così interpretata: «stele di Kuasonos per Terialos» (Kuasonos è colui che ha dedicato la stele per ricordare Terialos). Gli studiosi hanno potuto risalire al significato, che è una dedica per un defunto (trattasi quindi di una stele funeraria). Fu trovata in un deposito alluvionale durante gli scavi per i lavori di ampliamento dell’allora Ristorante La Palazzina, uno storico punto di ritrovo gestito per generazioni dalla famiglia Coldesina. Fu subito circondata di attenzioni e delicatamente movimentata; per anni rimase riparata sotto una tettoia e visibile all’entrata del locale (per concessione del Cantone). Furono in molti a farle visita, persone della più diversa estrazione sociale: religiosi, gente dello spettacolo, esperti d’arte e cultura. Nella foto, Luca Bettosini fotografa l'iscrizione Incisa lungo il fianco sinistro del monolite. Le altre fotografie ritraggono da varie angolazioni la stele nella ua attuale collocazione).
Nel 2000 l'antichissima lastra venne trasferita per una mostra ed esposta nella sala archeologica del Museo del Castello Visconteo di Locarno; in seguito giacque in un deposito per anni. Dal 2023 è ritornata nel suo luogo originario, Mezzovico-Vira, e sistemata su un supporto nell’area del Municipio, nei pressi della Piaza du Buteghin. Il ritrovamento di questa stele, ad oggi la più antica stele con un’iscrizione in alfabeto nord-etrusco ritrovata in Svizzera, accende i riflettori sulla potenzialità di fare altri ritrovamenti importantissimi nel territorio e testimonia la presenza di una cultura lepontia a Mezzovico-Vira. Decine e decine di iscrizioni sono state scoperte in tutta la Svizzera italiana e gran parte dell’area tra i laghi Maggiore, Ceresio e Lario ma nessuna, a quanto abbiamo capito,è esposta al pubblico come questa. L’iscrizione si legge da sinistra a destra (dl basso verso l’alto) ed è racchiusa in un rettangolo terminante verso l’alto in un cerchio che rappresenta la testa di una figura umana fortemente schematizzata. Dal lato opposto la scritta non è più visibile ma è stata decifrata. Nella foto: Francesca, Marisa, Angelo immortalati dall'obbiettivo di Luca mentre scrutano l'iscrizione e posano orgogliosi accanto alla stele per una foto-ricordo.
Tipo di croce colorata di rosso che si incontra su massi confinari (indicazioni preziose di Lua e Francesca)
Per completare la nostra splendida escursione, Luca Bettosini aveva preventivamente preso contatto con un gentile signore che, in un’area apparentemente sperduta nel bosco (località Piazzolo) ci ha accompagnato in una sorprendente chiesetta romanica: l’Oratorio di Sant’Ambrogio al castello di Comignolo (comune di Mezzovico-Vira), i cui abbiamo messo svariate immagini nella Galleria in fondo all'articolo. Del fortilizio restano poche vestigia, ma la chiesa è spettacolare! Risale al IX-X secolo ed è Monumento Nazionale. Il campanile a vela è molto più tardo (1719). Le indagini archeologiche hanno stabilito che si trovava all’interno delle mura della fortificazione. Arrivando da est si vede subito la bellissima abside con il tetto in piode; la facciata affaccia su tutta la valle (e sull’area fortemente industrializzata). Nel collage di foto: alcuni scorci dell'oratorio (sentiero per arrivarvi, parte absidale, facciata). L’ingresso avviene dal portalino sul lato nord e, una volta entrati, si rimane estasiati dagli affreschi che decorano il catino absidale e le pareti. Appartengono ad epoche diverse: al centro del catino sorride un Cristo Pantocratore entro la mandorla mistica; è attorniato dal Tetramorfo mentre i Discepoli sono rappresentati nel registro centrale; in quello inferiore è dipinto un tendaggio decorativo.
Oratorio di S. Ambrogio: nelle foto sopra e sotto, alcuni scorci dell'interno
Una curiosa tradizione interessa gli affreschi absidali: tra la figura di un Apostolo e l’altro veniva messa una candela dalle future mamme per propiziare un parto felice; quando l’ultima candela si spegneva, davano al bambino il nome del relativo Santo. A questo rituale si dava il nome “Apostolare” e ne rimangono tracce nei residui neri del fumo dei ceri sul muro. Sant’Ambrogio in abiti pontificali è raffigurato sulla parete meridionale dell’oratorio; sullo sfondo fu dipinta la porta di una città, probabilmente Milano poiché all’epoca dell’esecuzione dell’affresco (XIV secolo), questo territorio era sotto il governo dei Visconti, signori di Milano. Sulla parete nord è raffigurata una quattrocentesca Madonna del Latte tra i Santi Antonio Abate e Caterina d’Alessandria (con un abito molto curato nei dettagli). “E’ la Madonna del Latte più antica del Ticino”, ci informa Luca. Caspita, è un privilegio poterla vedere! Al XVIII secolo risale invece la figura di San Rocco, strappato dal muro durante i restauri del 1919 e quindi spostato nella chiesa parrocchiale; ora è stato riportato al suo luogo d’origine. All’esterno, sulla facciata, si notano le tracce di un affresco sempre del XVIII secolo (quando la chiesa fu rimaneggiata) raffigurante l’apparizione di Sant’Ambrogio a cavallo durante la battaglia di Parabiago nel 1339. La chiesa, durante la Peste del 1600, divenne un lazzaretto ma fino al XX secolo fu meta di devozione; oggi vi si celebra raramente la S. Messa.
Poco distante dalla chiesa, Bettosini ci porta alle rovine del castello, che era proprietà dei Rusca, importante famiglia legata ai Visconti. Il fortilizio fu distrutto dagli Svizzeri nel XVI secolo[10]. Chi lo avrebbe mai detto che, nel folto della boscaglia, si celassero queste tracce di storia secolare e una chiesa romanica tanto interessante? In Ticino ci si deve aspettare questo e altro…Mentre torniamo alla macchina C’è il tempo per mostrarci, da parte di Luca e Francesca, un masso affiorante cosparso di segni, abrasioni, disegni e piccole cavità ma in questo caso non è stato l’Uomo a lasciarli, essendo opera della natura e dei suoi fenomeni atmosferici.
L’incontro tra il CSTC e l’Associazione “Vivere la Montagna” è stato molto positivo. La comune passione per la ricerca, la conoscenza e la voglia di scoperta che ci accomuna ha determinato un’intesa spontanea che è andata ben oltre le Triplici Cinte, attraversando secoli di storia locale, che si intreccia fortemente con quella in cui viviamo (Lombardia). La cultura unisce e questo “ponte” che è stato gettato il 21 giugno 2025 speriamo possa rinforzarsi con nuove collaborazioni reciproche. Un sentito ringraziamento a Luca e a Francesca, ai quali rivolgiamo i nostri più sinceri complimenti per quanto stanno facendo sul territorio ticinese. La loro comprovata competenza e ammirevole intraprendenza è un brillante biglietto da visita per chiunque voglia conoscere in particolare i massi incisi nel Canton Ticino ma anche tanto altro.
[1] Giornalista fotoreporter e guida escursionistica, autore di oltre 30 libri sul Ticino
[2] Un omaggio alla lunga e preziosa attività del ricercatore ticinese è condensato nel video di L. Bettosini https://www.youtube.com/watch?v=8IODRrDlcMY
[4] Conoscitore esperto del Ticino e co-autore del libro (scritto con Luca Bettosini) “Alla ricerca dei massi perduti. Incisioni rupestri in Ticino e Mesolcina”, Edizioni Vivere la Montagna, Rivera, 2023
[5] Guida ambientale “Incisioni rupestri in Canton Ticino”, co-autrice (con Luca Bettosini) del volume “Memorie nella pietra. Incisioni rupestri in Ticino e Mesolcina. 30 escursioni alla loro scoperta”, Associazione Vivere la Montagna, Rivera, 2024
[6] Dedicato ai SS. Giulio, Antonio e Lucio
[7] Da noi sono lastre di ardesia ideali per pavimenti e copertura dei tetti
[8] https://www.ssdi.ch/Inventar/TI/6809.01.pdf
[9] Uberti, M-Coluzzi, G. "La Triplice Cinta in Italia. Alla ricerca di un simbolo sacro o di un gioco senza tempo?" (Eremon Edizioni, Aprilia, 2008); Uberti, M. "Ludica, Sacra, Magica. Il censimento mondiale della Triplice Cinta" (ilmiolibro.it, 2012); Uberti, M., "The Merels Board Enigma. With the worldwide census" (ilmiolibro.it, 2012); Uberti, M., "Le Triplici Cinte in Italia: compendio di studi 2000-2024. Venticinque anni di riceerche sulle tavole-mulino ludiche e simboliche" (Amazon KDP, 2024)[10] Bettosini, Luca, “L’Oratorio di Sant’Ambrogio e la Madonna del Latte più antica del Ticino”, in Vivere la Montagna, mensile di natura e cultura alpina, n. 236, novembre 2024, pp. 18-21
- Articolo pubblicato in questo sito il 27/06/2025